2021

Ai morti si dice arrivederci

Editore ‏ : ‎ Damster; Prima edizione (20 marzo 2021)
Copertina flessibile ‏ : ‎ 340 pagine
ISBN-13 ‏ : ‎ 978-8868104382
Prezzo: 16,00 euro

Che Guido Reni sia stato uno dei più grandi pittori del Seicento italiano, lo sanno in molti. Che però due suoi dipinti, a lungo creduti scomparsi, siano stati ritrovati, restaurati e donati a un convento di suore a Modena, lo sanno in pochi. Per questo, in occasione della loro presentazione pubblica, è naturale che si organizzi un grande evento con le più alte cariche civili e religiose della città. Invitato a presenziare in rappresentanza della questura, il commissario capo Giovanni Cataldo non immagina affatto di imbattersi in poche ore prima in una donna strana e affascinante, poi in un misterioso omicidio, quello dell'anziana suor Alda, depositaria della storia e dei segreti del convento. E quando un nuovo omicidio, stavolta di una giovane novizia, e poi un terzo, assolutamente imprevedibile, arrivano a complicare un rebus insanguinato di difficilissima soluzione, tra pressioni dall'alto e diffusa omertà, Cataldo non smetterà di scavare dentro e fuori il monastero, finché, sul filo di una tensione continua, concluderà la sua indagine, verificando con amarezza che “i delitti del presente hanno le ombre lunghe” - affondando le radici in un passato cupo e inquietante – e ai morti si dice arrivederci e non addio, perché ogni vittima che chiede giustizia non può essere dimenticata.



Primo capitolo

PROLOGO
Quindici anni prima



Avrebbe voluto ubriacarsi fino a crollare dal sonno, se solo ci fosse stata abbastanza birra, ma non ce n’era. Lo sapeva bene.
Allora, spostandosi lentamente, si mise a sedere sul letto. E proprio in quel momento sua sorella entrò nella stanza tenendo fra le dita un foglietto. Senza guardarla lo posò sul comodino, spingendo di lato la biancheria intima che lei ci aveva messo sopra.
— Ho l’indirizzo, Giulia. Se vuoi ti accompagno.
Giulia guardò la sorella dritta negli occhi, sorpresa dal suo tono. L’altra si strinse nelle spalle.
— È inutile tergiversare, no?
— Senti... — La ragazza distolse lo sguardo. — Non ho intenzione di abortire.
— Come sarebbe a dire non ho intenzione di abortire? Abbiamo la possibilità di scegliere, signora mia?
Giulia incominciò a piangere e a gridare insieme. Rabbiosa. — Voglio tenere il bambino.
— E dopo? Sei già stata avvertita. Ancora un giorno senza lavorare e quello ti caccerà.
— Stavo male... Capirà.
— E quando il bambino sarà malato e non potrai fare diversamente, pensi che capirà? Cazzo, Giulia, sei tu che non capisci proprio niente. Non riuscirai a tenerti nessun lavoro. E non credere che possa badare io al tuo marmocchio.
— Non preoccuparti. Non ti avevo messa in conto.
— E allora?
Giulia mandò giù la saliva. — Potrei darlo in adozione. C’è un mucchio di persone perbene che non riescono ad avere figli. Persone ricche. — La donna le rifilò una sberla e Giulia strillò. — Perché...?
— Per svegliarti, stupida. È facile dirlo adesso, quando quella cosa non è che un pugno nella tua pancia. Aspetta a sentirlo crescere, muoversi e venire fuori, un bambino in carne e ossa. Allora vedrai se vorrai lasciarlo andare. Tanto varrebbe tagliarsi un braccio o una gamba.
— No, ti giuro...
— Qui c’è l’indirizzo. — Afferrò il foglietto. — Su, vai a prepararti. Io resterò con te tutto il tempo, anche se dovessi tardare al lavoro.
Giulia piangeva, sconsolata. — Non posso... Ho lui dentro di me. Lo porto dentro di me. Non posso liberarmi del suo bambino.
L’altra l’afferrò per le braccia e cominciò a scuoterla. — Cretina che non sei altro! Pensi che gli importasse dove bagnava il pennello? Eh? Rispondimi! Voglio una risposta, perdio! Pensi che gli importasse in che buco di merda lo infilava? Ho lui dentro di me, col cavolo. Quello se l’è data a gambe, giusto? Come fanno tutti.
Ora non si ribellava, rigida per lo shock. — Forse sta male. Potrebbe essere per questo che non s’è presentato... Tu non lo sai. Pensi di sapere tutto, ma non è così.
La sorella la lasciò andare, disgustata. — So che è come tutti gli altri. Un sacco di paroloni, poi cominciano a insistere e, prima che una se ne accorga, si ritrova incinta e senza un marito.
— Lui mi ama. Lo so che è così.
— Bene. Bene. Se è così, allora ti sposerà, giusto?
Giulia scosse il capo. — Te l’ho già detto che non può. Perderebbe il lavoro.
— Sei una bugiarda, Giulia. Non è questa l’unica ragione. Può trovarsi un altro lavoro. Cos’è? Non sarà per caso che è già sposato?
— No.
— E allora? — Una lunga pausa, poi lei sollevò una mano. — Dimmi!
— Non lavora. Va all’università...
L’altra fece una smorfia. — Ah, be’, allora ci penserà la sua famiglia. — Le tolse la camicia da notte e le allungò gli indumenti intimi. — Andiamo a fare due chiacchiere con lui... Com’è che si chiama, quel bastardo?
— No, no, guarda...
— E dove abita?
— No, non possiamo andare là...
— Possiamo e lo faremo.
Giulia piegò la testa, testarda, ma la sorella l’afferrò per i capelli, costringendola ad alzare gli occhi. Finché, dopo un sussulto, disse:
— Non so il numero esatto dove abita... È un bel palazzo, in corso Canalgrande. Una volta me l’ha fatto vedere dal di fuori, una domenica...
— Che peccato, che non sia stata quella l’unica cosa che ti ha fatto vedere. — La lasciò andare. — Vestiti, e prendi la spazzola. — Fece due passi verso la porta, riflettendo, e poi: — Dai, trova quella spazzola, se no farò qualcosa io per farti sbrigare.
Giulia ricacciò indietro un singhiozzo. — A volte ho l’impressione che tu mi odi.
L’altra tornò indietro, afferrò di nuovo la sorella per le braccia e la scosse, ma stavolta con meno violenza. — Cretina che non sei altro, certo che non ti odio. Sei mia sorella, no? — Le diede un bacio sulla guancia. — Ora vestiti, su. — Annuì due o tre volte. — E dato non vuoi abortire, andiamo a scambiare due parole con questo bel ragazzo...

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