2024

DONNE CHE CHIEDONO GIUSTIZIA

Una nuova indagine del commissario Cataldo

Editore: Damster edizioni
Collana: I GIALLI DAMSTER N°61
Pagine: 200
Formato: 14x20 Brossura
Euro:16,00
EAN:  978-88-6810-567-9

In una casa diroccata e abbandonata alla periferia di Modena, si scopre per caso il cadavere di una ragazza senza documenti. Incidente, suicidio o omicidio?
Delle indagini viene in caricato il commissario capo Cataldo, che può contare molto più sul fidato ispettore De Pasquale che sul nuovo questore, una donna rigida e ambiziosa, da cui lo separa una spiccata incompatibilità caratteriale.
Identificata la morta in una cameriera slovena di vent'anni, l'inchiesta si indirizza inevitabilmente al ristorante dove lavorava e alla cerchia particolare dei suoi frequentatori. Ma quando una seconda ragazza – stavolta della Modena bene – e una terza donna, tanto bella quanto misteriosa, vengono uccise in modo ben più sadico e feroce, l'indagine si complica e Cataldo dovrà individuare il trait-d'union tra queste vittime così diverse, in una ricerca dolorosa e difficile che lo coinvolgerà direttamente anche sul piano sentimentale e lo condurrà alla fine a una verità sconvolgente e amarissima.


Primo capitolo

1

È il quattro giugno. Venerdì pomeriggio.
Una volta la casa era gialla, ma per l’uomo che la guarda è difficile dire di che colore sia adesso. L’intonaco s’è scrostato in più punti, sulla facciata e lungo i fianchi, le finestre sono abbandonate da così tanto tempo che resta solo l’intelaiatura di legno grigio scuro, con delle strisce di ruggine che colano giù dai cardini di ferro. Una delle finestre è stata coperta con una lastra di compensato fissata coi chiodi.
Vicino alla casa spiccano due carcasse d’auto, di cui non si legge più neanche la marca, e accanto ai gradini che conducono alla porta ci sono una vasca da bagno e un water, probabilmente lasciati lì dopo qualche ristrutturazione. Dal WC spuntano ciuffi d’erba ingiallita.
L’uomo si guarda al polso, scuote la testa. È ancora presto. Ha parcheggiato l’auto più indietro, che non dia troppo nell’occhio, ma forse non ce ne sarebbe stato bisogno. La casa è abbandonata, isolata, e c’è sempre poco traffico sulla provinciale. E tutto il quartiere sembra deserto. Osserva un negozio, chiuso chissà da quanto e sprangato con assi; una volta era una macelleria. Un cartello annuncia Affittasi Immobile Pregiato. Quell’avviso dev’esser lì da un’eternità.
Si muove verso la casa. In quel silenzio lugubre il minimo rumore sembra ingigantito. Il fruscio dell’aria sui sacchi di plastica della spazzatura squarciati. Lo scricchiolio del cartello sopra la macelleria. Il martellare del suo cuore.
C’è un cortile, davanti alla casa. E in un angolo, un cumulo di ferraglie. Una vecchia lavatrice, una cucina a gas, arnesi di metallo, tutti arrugginiti. Forse qualche camion li ha scaricati lì, prima di eclissarsi. Tra il cortile e la strada, un paio di pilastri corrosi pendono verso terra in una strana angolazione, senza più il cancello che doveva esservi stato fissato.
Spinge la porta, entra con cautela. Subito non vede quasi niente. Un odore sgradevole di marcio e umidità impregna l’interno. Puzza di animali? O dei loro escrementi? Avanza piano, poi sempre più sicuro, a mano a mano che gli occhi si abituano al buio. Ma un senso di incertezza, irrazionale, si insinua in lui. Insieme all’impressione, strana, di non poter tornare indietro. Si volta un momento, verso quel po’ di luce che filtra dalla porta. Poi si blocca. C’è ancora odore di terra umida, misto a un vago tanfo di stantio, che può esser l’aria intrappolata ma anche qualcosa di più macabro.
Come la forma raggomitolata per terra alla sua sinistra.
Il panico, adesso, è un pugno nello stomaco. È nausea.
Tuttavia si avvicina, come spinto da una forza magnetica. Ora la forma è ai suoi piedi. È un giubbotto rosa, probabilmente da donna. Solo spazzatura, pensa. Buttato via. E per un attimo la paura passa.
Però gli sembra quasi nuovo; perlomeno non tanto sporco, né così rovinato.
Spinge un piede in avanti, e con la punta della scarpa sposta il giubbotto. E allora vede bene. Due gambe avvolte in un paio di jeans, due piedi calzati in scarpe da ginnastica.
— No, no... — bisbiglia. — Non può essere...
È una ragazza, e anche molto giovane. Distesa sul ventre, di profilo, gli occhi chiusi. Il rictus le ha spinto all’indietro la mascella, lasciando scoperti in parte i denti bianchi e regolari. La lingua sporge leggermente e il labbro inferiore è insanguinato, quasi che sia stato morso con violenza.
All’uomo vien da vomitare. Si allontana barcollando, esce dal cortile, recupera l’auto, vi sale a fatica e con dita che tremano cerca di mettere in moto. Il motore si accende dopo due tentativi. Lui sterza e si immette sulla strada.

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